Il giovane candidato del Movimento Cinque Stelle Givago Cutillo interviene con alcune riflessioni sulle politiche giovanili.
“Quando le istituzioni si riferiscono ai giovani parlano quasi sempre esclusivamente di scuola ed occupazione. Si entra quindi nel discorso del diritto allo studio e del diritto al lavoro, diritti che però sono in egual misura, costituzionalmente e moralmente parlando, dei doveri.
Ci sono però altre necessità giovanili per le quali i giovani attendono risposta più freneticamente perché poggiano solamente sul piano dei diritti. Una di queste è quella che riguarda l’aggregazione giovanile. I ragazzi hanno bisogno oggi quanto ieri di trovare il modo ed i luoghi in cui incontrarsi, svagarsi, impegnarsi per un obbiettivo comune. Certo, forse nell’epoca dei social network queste cose potrebbero sembrare più che superflue, ma così non sono. Il rapporto diretto con i propri coetanei è necessario per la formazione stessa dei giovani perché in loro e presente il senso più forte di comunità, di esperienza collettiva.
Se è vero che la Lombardia, eccezion fatta per Milano, viene comunemente concepita come una regione poco interessante per i giovani, è anche vero che vi sono diversi spazi di incontro per questi. In provincia di Varese si sono negli anni costituiti molti spazi che hanno dato possibilità ai ragazzi di vivere tutto ciò che non gli è permesso nè a scuola nè al lavoro. Tra i più importanti si possono sicuramente segnalare Il circolo Family ad Albizzate, il Quarto Stato a Cardano al Campo, il Twiggy a Varese, il CUAC a Gallarate, il circolo Gagarin a Busto Arsizio, tutti spazi storici riaperti da associazioni e gruppi di ragazzi.
Ma tutto questo ha sapore di secolo passato, anche se l’esigenza giovanile è rimasta. Lo sforzo della Regione in merito agli spazi che i ragazzi richiedono è ben poco, piuttosto che preparare le condizioni perché questi costruiscano e vivano il loro punto di aggregazione, magari autogestendosi, si preferisce rilasciare agli oratori questo compito e focalizzarsi su discorsi legati all’imprenditorialità giovanile, alla tecnologia. Ma la tecnologia deve essere da supporto all’esperienza dei ragazzi, non uno strumento “buttato lì a caso” (si pensi ai tablet degli istituti superiori, la cui utilità, in una scuola non aggiornata didatticamente, rimane ancora uno dei maggiori misteri).
Ad onor del vero bisogna riconoscere che sono in atto piccoli segni di accorgimento, come dimostra il contributo che la Camera di Commercio ha deliberato per tutte quelle realtà di ricezione turistica che decidono aprirsi al digitale. Ma la tecnologia non deve essere il centro dello sforzo istituzionale: Il centro deve rimanere la persona.
Più startup sociali. Una Regione che vada in questa direzione è ciò che vorrei vedere io, studente universitario lombardo che, come dimostra la mia esperienza già al liceo e quella che ho avuto in varie associazioni di volontariato, è sempre stato convinto che l’istinto aggregativo dei ragazzi non debba mai essere ostacolato, ma che anzi, se ascoltato e supportato, possa formare giovani critici, coscienti dell’importanza della relazione e del rispetto umano, lontani dallo stress e attacchi di panico, proiettati verso un continuo miglioramento della società”.